Il Seicento volge quasi al termine, laggiù a Ibla, terra di Santa Inquisizione e governatori regi, notabili e viddani, vecchie zitelle e prostitute lise. La terra dove padre Bernardo, uomo dai moti secolari più che claustrali, «dominato dalle passioni eppure vinto dalle responsabilità», amministra una piccola chiesa celebrando messa senza slancio né vocazione.
[...]
È la terra dove lui troverà l’amore, più che in Dio in Tresina, la perpetua redenta con il cuore grande e la risata lieta, lei che «infinitamente donna» gli farà il regalo più grande. Eppure, sullo sfondo di una fugace e momentanea felicità, aleggia un antico rancore, professato da un «dimonio» di madre che, timorata e luttuosa, mai gli ha perdonato errori adulti e bambini. Così, in un crescendo incontrollato di sentimenti contrastanti, senso del dovere e bramosia di dar seguito alle passioni, Bernardo diventa testimone di un evento distruttivo ed epocale, il grande terremoto dell’11 gennaio 1693, che segnerà la sua esistenza riducendola a fede macilenta, rovina e silenzio. In un ordito sapiente di realtà e fantasia, questo è il ritratto di un uomo straziato tra dubbio e rinascita, che della resilienza fa il proprio riscatto, scorgendo nel passato irrisolto la promessa di un nuovo futuro. Sullo sfondo, la Sicilia che l’autrice come sempre sa raccontare: calda e sanguigna, dissoluta e antica, qui più densa e ferita, ma ancora umana come nessuna.