I diciannove saggi qui raccolti spaziano dal giornalismo letterario al memoir, dalla critica d'arte al reportage in zone di guerra.
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Alle riflessioni sulle opere di Jeff Koons, Denis Johnson, Marguerite Duras, Clarice Lispector e Nanni Balestrini, Kushner affianca il racconto di esperienze private, tra cui il viaggio in un campo profughi palestinese, la partecipazione a una corsa illegale di motociclette, l'incontro con il cinema documentaristico nell'Italia degli anni Settanta, e l'adolescenza in una San Francisco ai limiti della legalità. A fungere da collante nella moltitudine di scenari è la riflessione sull'arte come rivoluzione e sulla rivoluzione come forma d'arte. Se infatti il ruolo politico e sociale dell'opera artistica è al centro dei saggi di stampo più marcatamente critico, le pagine sul cinema italiano degli anni Settanta o sul sistema penitenziario americano intendono mostrare la potenza rivoluzionaria ed estetica del pensiero e del dibattito, il tutto filtrato dallo stesso sguardo lucido e tagliente; dallo stesso acume irriverente eppure profondamente empatico; dalla stessa fame di conoscenza e verità. I saggi si uniscono così come tessere di un mosaico che compongono l'immagine dell'autrice non come oracolo bensì come ricettacolo e veicolo di immagini ed esperienze da restituire vivide nella loro integrità. Vi si avverte il dovere della testimonianza, e non perché la vita che viene raccontata sia quella di una privilegiata, ma perché chi racconta ha il privilegio della sopravvivenza.