Nel 1934, dopo il successo della trasposizione cinematografica di "David Golder", Paul Morand chiese a Irene Némirovsky di affidargli i suoi scritti "per il cinema" con l'idea di riunirli in volume nella collana "Renaissance de la nouvelle", nuovo progetto dell'editore Gallimard.
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Nacque così la raccolta dei "films parlées", racconti sul crinale tra "nouvelles e scenarios" che avrebbero dovuto innescare un cambio di rotta nel tragitto creativo dell'autrice, da sempre sensibile alle possibilità espressive del grande schermo. I brani qui riuniti percorrono, talvolta anticipandoli, alcuni dei luoghi più autenticamente némirovskiani della narrazione: la classe media provinciale, previdente e fasulla nella "Commedia borghese"; lo scetticismo per i fanatismi nei "Fumi del vino"; il rancore filiale e la gelosia materna in "Film parlato"; le età della vita in "Ida". E una scrittura, quella di questi racconti, puramente descrittiva, acuminata e profondamente letteraria, ispirata e proiettata a quella tecnica da "macchina da presa" cui la narrazione, secondo l'autrice, non doveva rinunciare. Nell'avvertenza che compariva come introduzione all'edizione francese fu la stessa Némirovsky a spiegare: "Ho sempre pensato che il cinema sia imparentato soprattutto con il racconto, che questi due generi abbiano delle leggi simili. Il romanzo usa digressioni e riflessioni; si può permettere di dilungarsi e, in alcuni casi, deve farlo Il cinema e il racconto esigono sobrietà.